benvenuto nella nostra pagina delle faq (domande e risposte frequenti) sull’ampliamento della discarica di podere rota.
lascia pure un commento o scrivici un quesito, saremo lieti di risponderti.
LA DISCARICA
E’ un impianto di smaltimento finale dei rifiuti, che consente l’interramento di rifiuti in condizioni di controllo ambientale e sanitario. Prevede l’impermeabilizzazione (naturale e artificiale) delle vasche di conferimento per impedire l’inquinamento dell’ambiente circostante, la captazione del percolato che si produce all’interno della discarica e l’avvio a depurazione, la captazione del biogas che si produce dalla degradazione dei rifiuti per ridurre l’inquinamento atmosferico e produrre energia. Le discariche possono essere per rifiuti non pericolosi, pericolosi, inerti. Esiste una specifica direttiva europea che regolamenta il funzionamento delle discariche (Direttiva UE 2018/850 del 30 maggio 2018 che modifica la direttiva 1999/31/CE).
Si. La discarica controllata è un impianto previsto e consentito dalle norme europee, posto all’ultimo grado della gerarchia prevista. Va quindi utilizzata dopo aver previsto la riduzione dei rifiuti, il riciclo di materiali o il recupero di energia. Per quanto riguarda i rifiuti urbani, il conferimento in discarica dovrà ridursi al 10% del totale prodotto entro il 2035. Per i rifiuti speciali non esiste invece alcun limite nella normativa. Da anni non è possibile conferire in discarica rifiuti urbani tal quali (cioè, per intendersi, direttamente il contenuto del cassonetto o sacchetto dell’indifferenziato), ma solo rifiuti urbani preventivamente trattati e stabilizzati (in appositi impianti denominati TMB) e rifiuti speciali. La discarica è funzionale allo smaltimento di rifiuti non riciclabili e per quella frazione che non è possibile avviare a recupero energetico. Fa quindi parte di quella “rete integrata” di impianti necessari a completare il ciclo di gestione dei rifiuti urbani e speciali.
La discarica di Podere Rota è un impianto autorizzato con AIA (autorizzazione integrata ambientale) a seguito di Studio di VIA (valutazione impatto ambientale) per rifiuti non pericolosi. La discarica ha oltre 30 anni di esercizio, già il primo modulo della discarica (1989 – nella foto) era costruito nel pieno rispetto delle norme e delle tecniche al fine di non interferire con l’ambiente circostante, soprattutto per la produzione del percolato. La discarica è costantemente controllata da una intensa rete di monitoraggio attraverso campionamenti sulle matrici aria, acqua, suolo e com’è noto è dotata di un impianto di recupero del biogas, prodotto dalla degradazione dei rifiuti, che consente di ridurre l’impatto ambientale (e l’effetto serra) di queste emissioni, oltre che produrre energia elettrica da fonte rinnovabile e per questo incentivata con i Certificati Verdi. La discarica ha il proprio SGI (sistema di gestione integrato) certificato secondo gli standard internazionali UNI ISO-14001, 9001, 50001 e 45001, oltre la registrazione EMAS (tra le poche in Europa).
No. Per i rifiuti urbani, destinati al TMB (impianto di trattamento meccanico biologico), sono ammessi solo i mezzi delle aziende di igiene urbana (nel nostro caso: Sei Toscana, ALIA, AER) che vi conferiscono la frazione indifferenziata. Per conferire in discarica i rifiuti speciali non pericolosi, invece, ogni produttore deve seguire una procedura specifica: dichiarare preventivamente, in fase di omologa, il ciclo produttivo e le materie prime utilizzate, il tipo di rifiuti che vuole conferire (con tanto di analisi chimico-merceologica) e le quantità preventivate. Possono essere ammessi solo rifiuti con un codice corripondente all’autorizzazione rilasciata dalla Regione. All’ingresso della discarica viene effettuato un controllo documentale e gli automezzi vengono ispezionati anche in fase di scarico. Vengono inoltre effettuati controlli analitici a campione sui rifiuti trasportati. In caso di non corrispondenza dei conferimenti con l’omologa, il carico viene respinto.
No. Una quota di rifiuti speciali e urbani trattati dovrà comunque essere smaltita in discarica anche raggiungendo gli obiettivi di riciclo e migliorando il recupero energetico. Ed ogni comunità, nel rispetto del principio di prossimità, dovrà quindi disporre anche di una propria discarica, per evitare di esportare rifiuti non altrimenti recuperabili in altri territori, oltre che produrre maggiore inquinamento derivante dal trasporto a lunga distanza ed un inevitabile aumento dei costi per gli utenti.
Solo una minima parte può essere avviata ad una qualche forma di recupero. Una volta che un rifiuto urbano viene conferito nell’indifferenziato invece che nella raccolta differenziata, viene avviato a trattamento e smaltimento. Nell’impianto di trattamento e stabilizzazione (TMB) vengono prodotti due flussi, uno che è possibile avviare a recupero energetico nei termovalorizzatori (se e quando disponibili) ed uno che va in discarica, perché non recuperabile in altro modo. Da questo trattamento è possibile solo recuperare i metalli ferrosi, indicativamente 300 ton. l’anno, che vengono avviati a riciclo. Per i rifiuti speciali non pericolosi, invece, trattandosi fondamentalmente di scarti di produzione, sono le stesse aziende produttrici o le piattaforme intermedie di selezione/trattamento che a monte hanno già selezionato la materia da smaltire da quella recuperabile.
ASPETTI AMBIENTALI E SANITARI
No. Una discarica controllata opera secondo un’autorizzazione che prevede tutte le misure di controllo ambientale e sanitario ed è sottoposta a controlli periodici delle autorità competenti. E’ un presidio ambientale (ed un pubblico servizio) che serve proprio ad evitare o ridurre il più possibile l’impatto dei rifiuti sugli ecosistemi. Bombe ecologiche sono le discariche abusive, oltre a quelle risalenti agli anni ’50, ’60 e ’70, costruite legalmente ma senza che allora vigessero particolari tecniche di prevenzione ambientale, quindi da bonificare.
No. La discarica fin dalla sua costruzione ha previsto l’impermeabilizzazione delle vasche, la captazione del percolato e una rete di monitoraggio delle acque sotterranee nella zona. Sotto la discarica di Podere Rota non c’è nessuna “falda”, che in geologia ha un preciso significato. L’acqua che scorre nel sottosuolo dell’intera area non ha queste caratteristiche. Tuttavia, le acque sotterranee sono costantemente monitorate attraverso una rete di 26 piezometri (pozzi per campionamenti). Già in passato gli studi effettuati ad hoc dall’autorità competente e le numerose campagne di analisi avevano rilevato una situazione di inquinamento diffuso della matrice acque sotterranee nell’area di interesse non ascrivibile alla presenza della discarica. Rimane comunque alta l’attenzione verso lo stato qualitativo delle acque sotterranee che per le peculiarità proprie del sistema idrogeologico dell’area, presenta, per taluni componenti, naturalmente valori superiori alla CSC (Concentrazioni Soglia di Contaminazione).
Il proprietario o il gestore dell’area che rileva il superamento o il pericolo concreto e attuale del superamento della concentrazione soglia di contaminazione (CSC) deve darne comunicazione alla regione, alla provincia ed al comune e attuare misure di prevenzione.
Sulla scorta dei dati del 2018, ARPAT ha richiesto che CSAI attivasse la comunicazione di potenziale contaminazione in qualità di soggetto responsabile.
Sulla scorta della grande quantità di indagini e monitoraggi svolti tra il 2008 ed il 2010 la Provincia di Arezzo si era già espressa sul tema ritenendo che l’area interessata dovesse inquadrarsi quale area soggetta ad inquinamento diffuso, e che, pertanto, non sussistesse la necessità di procedere a comunicazione di potenziale contaminazione.
Pur non rilevando variazioni rispetto al quadro ambientale già tracciato, CSAI si è fatta parte diligente ed ha effettuato la comunicazione richiesta provvedendo a mettere in campo le prime misure di prevenzione e ad elaborare un approfondimento sullo stato delle acque sotterranee al fine di evidenziare gli elementi che escludono l’interazione della discarica sulle acque sotterranee.
No. Alcuni associano erroneamente la presenza di cattivi odori (relativa a quella piccola porzione di emissioni di biogas che non si riesce a captare e che si può manifestare in alcune situazione di temperatura e pressione atmosferica), alla pericolosità per la salute, e che nel medio-lungo periodo questi disagi olfattivi possono provocare persino patologie tumorali, adducendo che nel Valdarno c’è un tasso di mortalità per alcune malattie oncologiche superiore alla media regionale/nazionale. Tuttavia, sia l’ARPAT sia l’ASL hanno pubblicamente affermato (atti e interviste sono tutt’oggi consultabili pubblicamente) che il cattivo odore della discarica non solo non può produrre alcuna patologia tumorale, ma nessun altro tipo di malattia, perché le concentrazioni di questi odori nell’aria, anche quando evidenti e rilevabili, sono talmente basse da far escludere qualsiasi ricaduta sanitaria. Non si deve confondere un disagio olfattivo legato alla produzione di biogas di discarica con i pericoli per la salute. Nel Valdarno le principali preoccupazioni per la qualità dell’aria dovrebbero essere indirizzate semmai agli impianti di riscaldamento degli edifici e soprattutto alla presenza dell’A1, che le passa proprio nel mezzo, liberando tonnellate di gas di scarico, questi sì, ufficialmente, cancerogeni.
I disagi olfattivi legati allo smaltimento dei rifiuti sono sempre più sotto controllo. Il costante e quotidiano monitoraggio effettuato da ormai 10 anni in 13 località vicino alla discarica dimostra che gli episodi, o picchi, di cattivi odori sono in diminuzione, sia per numero di eventi che per durata. Negli ultimi due anni, anche grazie allo sforzo dei nostri tecnici nel far funzionare a pieno regime l’impianto di aspirazione del biogas, congiuntamente alla copertura definitiva di praticamente tutte le vasche già utilizzate (tranne l’ultima in coltivazione), hanno consentito di ridurre sensibilmente la diffusione dei cattivi odori. Sono ormai pochissimi i giorni in cui il mal odore viene percepito a San Giovanni o nelle frazioni limitrofe (Badiola, Santa Maria, Le Ville, ecc.). La stessa applicazione (Claim App) che abbiamo messo a disposizione per la cittadinanza, faceva registrare 79 segnalazioni nel 2016 (ovviamente più utenti segnalavano lo stesso evento), scese a 45 nel 2017, ad una nel 2018, a due nel 2019 e una nel 2020. Secondo invece i dati ufficiali di Arpat (che sono pubblici), nel 2019 tra Terranuova e San Giovanni V.no erano state effettuate appena 9 segnalazioni. Le stesse ispezioni di ARPAT a seguito di segnalazioni/esposti hanno certificato che il cattivo odore non era presente (a dimostrazione che, quando percepito dai cittadini, si dissolve poco dopo e quando arrivano i tecnici Arpat ormai non è più rilevabile). Quindi le generiche affermazioni relative alla discarica che ammorberebbe la cittadina di San Giovanni e che non si respirerebbe più dal puzzo sono solo un brutto ricordo.
Il percolato (i liquidi che si formano all’interno della discarica per la fermentazione delle sostanze organiche e per l’esposizione agli agenti atmosferici, come la pioggia) viene raccolto costantemente grazie alla rete di drenaggio e captazione (60 pozzi attivi al momento), accumulato in serbatoi impermeabili e trasportato quotidianamente ad impianti di depurazione esterni alla discarica.
Il gas prodotto dalla fermentazione della matrice organica dei rifiuti all’interno della discarica viene captato dalla rete di tubazioni e condotte a due impianti di cogenerazione da 4 MW totali che lo trasforma in energia elettrica, che viene venduta alla rete nazionale. Si tratta di una fonte rinnovabile, così il risultato di questa operazione è duplice: evita un’emissione di gas serra nell’atmosfera (metano) e contribuisce a ridurre l’emissione di gas climalteranti in fase di produzione di energia, sostituendo combustibili fossili. Nel 2019, ultimi dati certificati, sono stati prodotti 20.763.312 KWh, interamente ceduti alla rete elettrica nazionale, pari al fabbisogno elettrico medio annuo di circa 7.500 famiglie (utenze domestiche).
LA GESTIONE
La discarica è gestita da CSAI, una Spa la cui maggioranza azionaria è pubblica e detenuta dai principali comuni del Valdarno. Il socio IREN (che a sua volta è a partecipazione pubblica), attraverso la controllata IAT Spa, detiene una quota di minoranza. Solo San Giovanni V.no, a suo tempo, scelse di non entrare nel capitale sociale, per una scelta politica di allora.
Il 13/09/2022 sono terminati anche i conferimenti presso la discarica di Casa Rota per esaurimento delle volumetrie utili. Fino all’esaurimento degli attuali volumi, la discarica ha accolto i rifiuti di derivazione urbana (previo trattamento e stabilizzazione nei TMB autorizzati) e speciali non pericolosi (scarti di produzione delle aziende, locali e non.
Ad oggi la produzione dei riifuti non sta diminuendo, anzi è aumentata (+2% rispetto al 2018). La raccolta differenziata interessa poi solo i rifiuti urbani. Anche ammesso di raggiungere entro il 2035 il 65% di effettivo riciclo come imposto dalla direttiva europea sull’economia circolare, ci sarà comunque un 25% da avviare a recupero energetico ed un 10% da avviare a discarica. Fermo restando che per i rifiuti speciali non esiste alcun limite al conferimento in discarica (ad esempio le stesse ceneri dei termovalorizzatori). Quindi una discarica “di servizio” è ancora indispensabile. In ogni caso l’ampliamento richiesto è di appena il 15% degli attuali volumi, proprio in previsione (e la speranza) che i rifiuti (urbani e speciali) da conferire in discarica progressivamente diminuiranno.
Trasportare rifiuti costa molto (e si ripercuote sulla TARI) ed è giusto che ogni comunità smaltisca i rifiuti vicino a dove li produce, si chiama principio di prossimità. Tra l’altro l’ATO Toscana Sud (il nostro ambito territoriale di riferimento) è già in sofferenza per la carenza di impianti (alcuni sono chiusi, altri in fase di ammodernamento, altri in chiusura). Già quest’anno sono stati presi accordi per esportare 20.000 t. di rifiuti non riciclabili nelle province di Pisa e Livorno (quindi fuori ATO). Inoltre sarebbe bene ricordare che non sempre si trovano comunità ed impianti disposte ad accogliere i rifiuti degli altri. Infine il trasporto di migliaia di tonnellate di rifuti per centinaia di km comporta un sensibile inquinamentio atmosferico dovuto alle emissioni degli autocarri e un maggiore traffico, con conseguenti ricadute anche sulla sicurezza stradale.
No. I flussi di rifiuti in ingresso all’impianto sono sempre controllati cosi come le aziende che li conferiscono. CSAI adotta rigorose procedure di gestione e registrazione dei mezzi in ingresso e tutti i conferimenti sono tracciati. Le autorità di controllo (ARPAT, organi di polizia, ecc.,) verificano periodicamente la correttezza delle procedure.
Si. Le viste guidate sono ammesse e benvenute. Ogni anno ospitiamo centinaia di visitatori, prevalentemente studenti, che ne fanno richiesta. Sul sito internet aziendale c’è una pagina dedicata alle visite guidate in cui prenotarsi. Le visite estemporanee e non autorizzate preventivamente non sono ammesse perché si tratta di un sito industriale ed è necessario rispettare un preciso protocollo di sicurezza, quindi deve essere presente una guida che lo faccia rispettare. In compenso Podere Rota è l’unica discarica al mondo che è possibile visitare a distanza standosene comodamente seduti da casa o in ufficio. Il tour virtuale, disponibile sul sito web aziendale, è un’immersione reale e navigabile a 360°, con mappa, schede tecniche e altre funzionalità che accompagnano il visitatore da remoto durante il tragitto.
L’AMPLIAMENTO
Perché i volumi residui utilizzabili termineranno entro quest’anno. Sul territorio non ci sono al momento disponibili altri impianti (discariche e termovalorizzatori) in grado di assorbire la produzione di rifiuti, sia urbani che speciali. La dimostrazione è che già a febbraio 2021 la Regione Toscana ha acconsentito di trasferire 20.000 ton. di rifiuti urbani non riciclabili fuori ambito, scelta obbligata che però avrà sensibili ricadute negative sulla TARI.
Se i conferimenti fossero quelli fino al 2019, si stima circa 4 anni. Questa però è una data indicativa, perché dipenderà appunto dalla effettiva quantità di rifiuti conferiti, che se maggiore, riduce il tempo di vita della discarica, se minore, ovviamente lo aumenta. Se i rifiuti si attestassero a 150.000 t./anno, la durata sarebbe di circa 6 anni.
No, l’ampliamento non incide sulla TARI poiché interessa i rifiuti speciali non pericolosi e non gli urbani. Semmai consentirà di non far aumentare i costi di smaltimento per le imprese del territorio, che in caso di chiusura di Podere Rota, sarebbero costretti a inviare i propri scarti fuori provincia o addirittura fuori regione, con notevoli costi di trasporto. Lo stesso varrebbe per gli urbani se l’ATO decidesse di continuare ad avvalersi della discarica in caso di necessità, invece di inviarli fuori ambito. Incide sulla TARI invece il mancato utilizzo della discarica di Podere Rota in quanto i rifiuti urbani trattati presso l’impianto di TB dovranno essere smaltiti, fino all’entrata in funzione dell’impianto di termovalorizzazione di Arezzo, nelle altre discariche di Ambito, a Civitella Paganico (GR) o Abbadia San Salvatore (SI), con un aggravio di costi ed impatto ambientale dovuto al trasporto.
La Regione Toscana. L’azienda ha presentato un progetto di ampliamento con la richiesta di autorizzazione secondo le procedure previste dalla legge (PAUR). La Regione analizza i documenti e convoca una Conferenza dei Servizi, aperta ai Comuni ed agli enti interessati, inclusi quelli abilitati alle verifiche ambientali e sanitarie. Sulla base dell’esito della Conferenza dei Servizi e dei documenti presentati, la Regione potrà concedere o meno l’autorizzazione.
INFORMAZIONE
Sì. Le informazioni sono disponibili sul sito web della società. Poiché l’azienda ha la registrazione EMAS, ogni anno è obbligata a pubblicare la propria Dichiarazione Ambientale, in cui si identificano le performance dell’impianto ed i risultati del sistema di monitoraggio sulle matrici aria, acqua, suolo. Questi dati sono ufficiali e certificati anche in ambito ISO 14001 e verificabili da ARPAT ed Asl.
Sì. Sul sito di CSAI esiste la sezione azienda trasparente in cui è possibile avere informazione sulla società, i soci, gli amministratori, i bilanci, i procedimenti, le certificazioni, il codice etico, le Dichiarazioni Ambientali, i report di sostenibilità.
Sì, il progetto, lo studio di VIA e tutta la documentazione sono pubblicati sul sito della Regione Toscana e sul sito dell’inchiesta pubblica.
È un’ulteriore procedura di consultazione e informazione a tutti i cittadini, gli enti, i gruppi di interesse e gli operatori economici, che consente una partecipazione più estesa al dibattito pubblico. Nel caso del progetto di ampliamento della discarica di Podere Rota è la prima volta che questa procedura viene utilizzata per una discarica. L’inchiesta pubblica su Podere Rota è stata istituita dalla Delibera GRT n. 62 del 1 febbraio 2021.
In una democrazia ed in uno stato di diritto, la popolazione ha il diritto di parola e di manifestare il proprio dissenso contro una scelta politica. Ma l’autorizzazione all’ampliamento non riguarda una scelta politica ma un atto tecnico. Una volta che la politica fissa delle regole, poi queste valgono per tutti. Spetta all’apparato tecnico-amministrativo rilasciare l’autorizzazione, non alla politica. La Regione ha l’obbligo di avviare il PAUR (cioè il procedimento amministrativo a seguito della richiesta di ampliamento) e valutare se ci sono le condizioni, previste dalla legge e dai pareri degli enti in Conferenza dei Servizi, per rilasciare la VIA e l’AIA. Tra l’altro, mentre le scelte politiche sono inappellabili (per questo demandate agli eletti dal popolo, secondo il principio di rappresentanza), gli atti amministrativi sono sottoposti ad un giudizio di legalità, agibile nell’apposita giurisdizione.
ASPETTI ECONOMICI E PATRIMONIALI
La legge prevede che il proprietario e gestore della discarica debba accantonare ogni anno delle risorse per pagare i costi di gestione una volta che la discarica sarà chiusa, ovvero quelle relative allo smaltimento del percolato, la gestione del biogas, la manutenzione, il controllo e la sorveglianza, fino a quando l’area non sarà definitivamente restituita (indicativamente 30 anni dalla chiusura) agli usi consentiti dalla legge. CSAI ha già in bilancio queste risorse.
La discarica è stata localizzata nel 1988, costruita nel 1989 e inaugurata nei primi mesi del 1990. Quando fu autorizzata, nell’area intorno c’erano pochissime abitazioni/poderi, le frazioni limitrofe erano molto più piccole e la stessa San Giovanni non si era così espansa Oltrarno. Una buona parte delle abitazioni sono state costruite e/o ristrutturate dopo la realizzazione dell’impianto. La trasformazione di poderi in agriturismo con piscine, resort e ville è avvenuta dopo, come le nuove urbanizzazioni. Anzi, alcune nuove urbanizzazioni sono state realizzate vicino alla discarica proprio perché i terreni costavano poco e si è potuto costruire a prezzi “calmierati”. Tra l’altro gran parte dei terreni e degli immobili intorno all’impianto sono stati rilevati da CSAI, anche per non provocare speculazioni edilizie.